La luce alla finestra di fronte
Non proprio di fronte, un po’ di sbieco. Proveniva dal soggiorno del signor Tal dei Tali, morto tre mesi prima. Sua moglie aveva detto chiaramente a Lucilla che mai e poi mai sarebbe rimasta a vivere nella casa di quel bastardo senza averla fatta prima disinfettare e rinnovare (sventrare!) completamente.
Gli operai, comunque, non sarebbero arrivati prima di un semestre, questioni di eredità da sistemare, quindi le aveva dato le chiavi dell’appartamento perché di lei si fidava senza riserve e, se non le faceva impressione, non c’erano problemi: «Usalo come vuoi, ospita chi vuoi, fai a pezzi i mobili, istoria le pareti come le caverne di Lascaux. L’importante è che non me l’allaghi. E niente orge, che se si viene a sapere me lo deprezzano.»
Lucilla ci aveva pensato su, visto che non vedeva da secoli il manipolo delle vecchie amiche dell’università, e poter portare un uomo in un appartamento sempre pulito e in ordine era cosa non da poco, ma senza un’autorizzazione scritta della proprietaria non si fidava. La moglie di Tal dei Tali, se avesse avuto problemi con l’eredità, non sarebbe stata tenera con nessun graffio al mobilio e avrebbe potuto persino denunciarla per danni.
E poi l’imbecille era morto da poco e quindi, per quanto detestasse ammetterlo, le faceva impressione anche solo aprire quella porta. Era sicura che si sentisse ancora l’odore delle sue sigarette scadenti e di quel dopo barba da serial killer, ereditato dal padre: «Due casse da cinquanta bottiglie l’una. Lo sapeva lui che l’azienda stava per chiudere. Fonti interne, non so se mi spiego. È o non è una fortuna?» Urca, aveva confermato Lucilla allontanandosi il più in fretta possibile.
La luce, comunque, era sempre lì. Filtrava dalle tapparelle abbassate, regalando al soggiorno una strana atmosfera di intimità, come se ci fosse qualcuno seduto a bersi un tè caldo nella vecchia poltrona in pelle, con un film d’altri tempi che andava sul maxi schermo. Ecco, avrebbe dovuto pensarci: il televisore lo aveva scelto la moglie e quello non le avrebbe fatto nessuna impressione, se lo sarebbe portato via volentieri. Si prese un appunto per chiederglielo alla prima occasione.
Tal dei Tali era inviso a tutto il vicinato: prepotente, rumoroso, violento con la moglie e con i figli, occasionalmente minacciava gli altri inquilini, ma senza dare poi seguito alle invettive. Quelli, lo sapeva, gliel’avrebbero fatta pagare e aveva paura più di una denuncia della signora Marni che del divorzio. Il giorno del suo funerale c’era molta gente, obtorto collo, nonostante la consorte avesse esonerato tutti più volte, offrendo persino un rinfresco alternativo. Ma quelli niente, erano voluti andare lo stesso, per paura, supponeva Lucilla, che il deficiente potesse tornare dal regno dei morti e infestare le loro case.
Lei, invece, se n’era andata a pranzo fuori con la vedova, che, dopo essersi accertata che tutto fosse come doveva essere nella chiesa del quartiere, aveva fatto un radioso giro su sé stessa e aveva percorso la navata a passo di marcia trionfale. Il prete, lo stesso che, durante gli anni di un insopportabile matrimonio, l’aveva spinta alla pazienza e aveva benedetto più volte i lividi dei ragazzi esortandoli a comprendere le ferite emotive del padre, si era palesemente irritato e la vedova, uscendo, con la manina dietro la schiena, mentre la piccola congrega aveva già assunto un’aria devota, gli aveva fatto il dito medio.
Tal dei tali aveva tre figli, ormai grandi e indipendenti. Lucilla aveva il fondato sospetto che almeno un paio avessero ereditato i tratti dittatoriali del padre, ma, se non altro, tenevano le mani ben salde nelle tasche dei loro abiti di marca. Perché Tal dei Tali, taccagno fino all’inverosimile, era nato bene, come si diceva una volta e schiattando, senza rendersene conto, aveva risarcito, ammesso che si possano risarcire, i danni prodotti dalla sua stessa esistenza. Lucilla, convinta che tutto si sarebbe risolto di lì a breve, mandò un messaggio al minore dei figli, l’unico con cui era in contatto.
No, nessuno di loro era nell’appartamento. Anzi, approfittando del ponte dei morti, se ne erano andati tutti insieme in Trentino, a divertirsi. Trentino e divertimento erano, per Lucilla, due concetti poco affini, ma i gusti sono gusti e ora, si disse, il problema più urgente era scoprire chi aveva acceso quella luce.
Per prima cosa, aprì la porta e cercò di cogliere qualche rumore sospetto, ma il silenzio che proveniva dall’appartamento era quasi assoluto. Quindi provò a bussare e attese con una certa inspiegabile trepidazione, ma nessuno rispose o aprì. Forse era un semplice contatto e una delle lampadine si era accesa da sola. Ecco, era quella la spiegazione. Ma la signora Tal dei tali non aveva staccato l’interruttore centrale? Scese in cantina, si posizionò davanti al quadro elettrico condominiale e no, non era staccato. Quindi lo staccò lei (anzi lo tirò giù e lo riaccese un paio di volte, prima di spegnerlo definitivamente) e risalì.
Non filtrava più alcuna luce.
Ottimo.
Probabilmente uno dei vicini, magari il signor Pulce, che perdeva colpi da un semestre, aveva fatto confusione e poi era successa la storia del contatto ed ecco qui: tutto tornava. Lucilla versò dell’acqua bollente nella sua tazza preferita, quella con le zucche di Halloween, e si sedette di nuovo davanti al computer e alla finestra.
La luce, in un battito di palpebre, si riaccese.
Oh insomma, e tornò in garage.
L’interruttore era spento.
Ora, Tal dei Tali aveva minacciato più volte di tornare dall’al di là per punire diversi condomini e Lucilla non ricordava o meno se fosse in quella lista, ma lei a queste sciocchezze non credeva. Si trattava sicuramente di uno scherzo, ma le chiavi di quell’appartamento le avevano soltanto lei e la vedova. Non i figli e tantomeno i nipoti adolescenti. L’amministratore le aveva dovute restituire suo malgrado con la promessa di Lucilla di essere reperibile in caso di problemi. Qualcuno, però, avrebbe potuto farsene una copia, no?
Ma l’interruttore generale era spento.
Un pensiero si fece strada nella mente di Lucilla e non le piacque per niente: se lei era l’unica con le chiavi, lei era l’unica che poteva e doveva entrare in quel frangente. Magari dopo aver chiamato Giulio, che abitava al pian terreno, e aveva muscoli da vendere, da bravo pesista. Ma Giulio non c’era e non c’era neanche Ginevra, la terribile Ginevra, cinquantenne che aveva messo in fuga due ladri con una padella AMC lo scorso settembre, diventando l’eroina del quartiere.
Ah, però, avrebbe potuto far finta di niente, no? Se alla signora Tal dei Tali non importava nulla dello stato del mobilio, perché avrebbe dovuto importare a lei? E poi, era una strana luce fissa, non c’erano ombre in movimento, nessun tremolio sospetto e, come prima, un silenzio di tomba avvolgeva la strada. Meglio uscire sul balcone, pensò, che forse posso vedere o sentire qualcosa che a finestra chiusa non colgo. E s’infilò il cardigan arancio zucca. Devo smetterla con gli acquisti a tema, si disse, dopo aver gettato un’occhiata alla matita zucca, alla tazza, alla finta lanterna nera e arancione e, ovviamente, alla finta zucca intagliata e illuminata che troneggiava fuori sullo stendibiancheria.
Era troppo visibile? Ma se non c’era nessuno in quella casa. Smettila, si disse, smettila e si appoggiò al corrimani guardando un po’ a destra un po’ a sinistra come chi perde un po’ di tempo in attesa della cena. Infine, con nonchalance, si voltò verso l’appartamento. Qualcosa si muoveva, in effetti, ma non una persona o un animale. Sicuramente lo stava solo immaginando.
Il tè, si disse, non era sufficiente per affrontare una simile questione, quindi passò al caffè, per essere ben sveglia e subito dopo, dimenticando completamente che avrebbe potuto video chiamare la sua migliore amica, si mosse da sola sul pianerottolo e con circospezione.
Accostò l’orecchio alla porta e per sicurezza suonò una volta il campanello, attese un paio di secondi, suonò ancora e, infine, inserì la chiave nella blindata. Le mandate erano le solite tre e a quel punto spalancò baldanzosamente la porta.
Il signor Tal dei Tali era seduto in poltrona.
«Ecchecazzo.» protestò Lucilla. «Lei è morto!»
Il signor Tal dei Tali si girò, ma non diede segno di averla sentita. Lo sguardo vacuo la attraversò e si perse oltre l’uscio. Nello stesso istante una donna armata sbucò dalla cucina con una mannaia e passò da parte a parte la poltrona e il suo occupante.
Con una certa flemma, l’uomo, se poteva ancora chiamarsi tale, si alzò e con rassegnazione provò a ricomporsi dandosi la mano, ma le due metà inciamparono l’una sull’altra.
«Sei proprio un cretino», commentò la donna tornandosene torva in cucina.
Lucilla ebbe l’istinto di aiutare il Tal dei Tali, o almeno una sua metà, a tirarsi su, ma le sovvenne che non sarebbe stato affatto normale o semplice, quindi stette a guardare, finché, tentativo dopo tentativo, lui si ricompose e, presa una bottiglia da uno stipetto, si diede una generosa manata di dopobarba sul collo.
La signora, precisa, uscì nuovamente dalla cucina e diede fuoco al dopobarba.
Seguirono sventramenti, amputazioni di arti, bruciature varie e una decapitazione.
Lucilla provò a interloquire con uno dei due, ma non ottenne risposta.
«Guarda che roba», sussurrò Ginevra mettendole una mano sulla spalla.
«Oddiosantissimo» urlò Lucilla colta alla sprovvista e in quel momento i due si voltarono a guardarle. Tal dei tali, a dire il vero, aveva lo sguardo ancora un po’ opaco, ma la donna passava da una all’altra ben concentrata.
«Mi sento Clint Eastwood» concluse Ginevra.
«Sparite voi due», ordinò la donna che ora teneva in mano, ben saldo, un lanciafiamme.
«Potremmo chiamare un esorcista», propose la padellatrice di ladri.
«Non saprei», rispose ispirata Lucilla, «io la lascerei lavorare ancora un po’. La cosa ha un senso.»
«Certo che ce l’ha», confermò Ginevra. «Vieni su da me che ho fatto uno squisito risotto di zucca?»
«Chiamiamo anche Ginger?»
«Credo abbia gente a cena. Sarà per la prossima volta.»
Lucilla annuì, poi fece un cenno di saluto alla signora che stava spargendo fiamme di contrappasso ovunque e, mentre quella ricambiava, chiuse delicatamente la porta.
Appena ho letto Clint Eastwood sono andato in estasi: adoro questo regista. Tra tutti i suoi film, qual è il tuo preferito?
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In controtendenza, ti dirò: Il colosso di Rodi. Passioni personali…
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